Cosa sappiamo del carcinoma epatocellulare?
Il carcinoma epatocellulare (HCC) rappresenta la neoplasia primitiva del fegato più frequente, oltre l’80% dei casi, e in base ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si colloca al quinto posto fra le neoplasie più frequenti a livello mondiale. Grazie all’esperienza del Dott. Maurizio Biselli, specialista in Medicina Interna e Geriatria, possiamo approfondire questo argomento
Quali sono le statistiche d’incidenza e i sintomi del carcinoma epatocellulare?
Come precedentemente anticipato, il carcinoma epatocellulare è la seconda causa di morte relata ad una neoplasia. In Italia l’incidenza risulta essere di 15.9 casi/100000 abitanti negli uomini e 5.1 casi/100000 abitanti nelle donne.
Generalmente i pazienti affetti da HCC non mostrano sintomi sino agli stadi avanzati della neoplasia, quando possono essere presenti dimagrimento, senso di tensione/dolore addominale, sintomi correlati all’insufficienza epatica quali ecchimosi e facilità al sanguinamento, accumulo di liquido nella cavità addominale (ascite) ed ittero. Per questi motivi il carcinoma epatocellulare rappresenta una neoplasia con una elevata letalità ed una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi inferiore al 20%.
Quali sono i rischi per i pazienti affetti da HCC e come si possono prevenire?
Nella maggioranza dei casi i pazienti che sviluppano HCC risultano affetti da uno stato infiammatorio cronico epatico associato o meno allo sviluppo di cirrosi epatica, le cui eziologie più frequenti risultano essere virale, alcolica e da accumulo di grasso nel fegato. L’adozione di provvedimenti di salute pubblica che riducano le infezioni virali come la vaccinazione per l‘epatite B, o che curino patologie epatiche che possono nel tempo portare allo sviluppo della cirrosi. Ad esempio terapia antivirale per l’epatite C e eliminazione del consumo di alcolici possono prevenire l’insorgenza di questa neoplasia.
Come si può migliorare la prognosi dei pazienti?
Al fine di migliorare la prognosi dei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare risulta fondamentale perseguire programmi di sorveglianza indirizzati ai pazienti a rischio di sviluppo di questa neoplasia. In particolare nei pazienti con cirrosi epatica in atto è necessario eseguire questi programmi utilizzando tecniche di imaging addominale (Ecografia, Tomografia computerizzata, Risonanza magnetica) associate o meno al dosaggio ematico di un marker sierologico costituito dall’alfa1-fetoproteina.
Una diagnosi precoce può fare la differenza?
Una diagnosi precoce di HCC di piccole dimensioni in pazienti con funzione epatica ancora ben conservata, permette di adottare strategie terapeutiche con intento curativo quali l’approccio chirurgico di resezione o l’ablazione del nodulo tumorale mediante l’introduzione al suo interno, su guida ecografica per via percutanea, di sonde che utilizzano il calore generato dalle radiofrequenze o dalle microonde per uccidere le cellule tumorali.
Il trapianto di fegato può curare l’HCC?
L’utilizzo del trapianto di fegato come cura dell’HCC, permette di trattare anche i pazienti che sviluppano una neoplasia e che presentano una cirrosi con una funzione epatica residua così compromessa da rendere inutilizzabili metodiche come la chirurgia resettiva o la terapia ablativa percutanea, poiché il loro impiego potrebbe portare ad un elevato rischio di peggioramento del grado di scompenso della cirrosi in atto.
Il trattamento dell’HCC con il trapianto di fegato è limitato dallo stadio della neoplasia, sottolineando ulteriormente l’importanza del programma di sorveglianza dei pazienti a rischio.
Esistono degli approcci terapeuti per allungare la vita al paziente?
Nei pazienti che arrivano alla diagnosi in uno stadio più avanzato della neoplasia è possibile, in casi selezionati dipendentemente dalla funzione epatica residua, utilizzare approcci terapeutici che hanno la potenzialità di allungare significativamente la sopravvivenza del paziente, quali i trattamenti intraepatici per via arteriosa e la chemioterapia sistemica, riservando un approccio puramente palliativo ai pazienti che presentano un HCC estremamente avanzato e con presenza di metastasi.