Emorroidi: tecniche chirurgiche e decorso post-operatorio
Dopo aver parlato delle cause, trattamenti e prevenzione delle emorroidi, il Dott. Nicola Antonacci, specialista in Chirurgia Generale e Proctologia, ci parla delle tecniche chirurgiche come possibili trattamenti in caso di emorroidi e del loro decorso post-operatorio.
Come scegliere il trattamento chirurgico più adeguato?
Esistono diverse tecniche chirurgiche che andranno adattate in base al singolo paziente, alle caratteristiche della problematica e alla presenza di fattori di rischio del paziente stesso.
In linea generale esistono trattamenti “escissionali” che prevedono l’asportazione del tessuto emorroidario malato, e trattamenti “non escissionali” che prevedono, con tecniche diverse, l’interruzione dell’iperafflusso sanguigno al tessuto emorroidario e la loro plicatura, in modo da riposizionare le emorroidi nella loro fisiologica posizione anatomica.
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Tecnica escissionale: qual è la tecnica chirurgica maggiormente utilizzata e cosa implica il decorso post-operatorio?
La tecnica escissionale comunemente utilizzata è rappresentata dalla emorroidectomia sec. Milligan-Morgan, che consiste nell’asportazione radicale chirurgica dei gavoccioli emorroidari patologici. La scelta della tecnica chirurgica idonea da impiegare (legatura e asportazione di singoli gavoccioli piuttosto che dei 3 gavoccioli principali) viene fatta al letto operatorio.
È generalmente indicata nel prolasso emorroidario di 4° grado. Il decorso post-operatorio emorroidi è generalmente doloroso, per cui una corretta gestione del dolore postoperatorio è fondamentale per un buon decorso e un buon outcome. La guarigione completa delle ferite chirurgiche che vengono lasciate aperte necessita mediamente 40 giorni. Il tasso di recidiva dopo tale intervento si attesta attorno al 5%.
Tecnica non escissionale: quali sono e come avviene il recupero?
Le tecniche non escissionali sono rappresentate dalla prolassectomia con suturatrice meccanica circolare e dalle prolassopessie dearterializzanti con o senza guida doppler. La scelta tra le 2 tecniche avviene schematicamente in base alle caratteristiche del prolasso emorroidario e in base alla continenza del paziente: in caso di prolasso emorroidario multisettoriale il cui sintomo principale sia rappresentato dal sanguinamento, è proponibile una prolassopessia dearterializzante, mentre in caso di prolasso emorroidario circolare con o senza sanguinamento in un paziente senza disturbi della continenza è proponibile una prolassectomia con suturatrice meccanica circolare.
Spesso nelle donne il prolasso emorroidario si accompagna ad altre condizioni patologiche, come ad esempio l’intussuscezione retto anale (invaginazione del retto nell’ano) e il rettocele. Tali condizioni spesso provocano dei disturbi defecatori “ostruttivi”, determinando un vero e proprio ostacolo meccanico alla defecazione. In questa categoria di pazienti è possibile utilizzare delle suturatrici ad “alto volume”, così da includere nella resezione una quota maggiore di prolasso. Il decorso post-operatorio emorroidi è di solito quasi indolore e il rientro a una vita socio-lavorativa è pressoché immediato.
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Nel 10-15% dei casi è possibile che ci sia l’insorgenza nel post-operatorio emorridi di “urgenza defecatoria”, cioè della necessità di correre in bagno non appena si avverte lo stimolo defecatorio. Tale condizione è solitamente transitoria ed è legata a un cambiamento volumetrico dell’ampolla rettale. Le recidive possibili variano tra il 15-25% dei casi. È necessario precisare però che le casistiche a cui fanno riferimento questi ultimi dati si riferiscono a numeri piccoli, infatti con il passare degli anni la tecnica si è maggiormente consolidata e, nei centri ad alto volume di patologia, le recidive e le complicanze sono ridotte nell’ordine del 5-10%.
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