Evoluzione della chirurgia fetale
La chirurgia fetale, una branca medica in continua evoluzione, offre un nuovo approccio nel trattamento di alcune patologie neurochirurgiche congenite. Approfondiamo l’argomento con il Prof. Luca Massimi, esperto in Neurochirurgia
Indicazioni ed evoluzione della chirurgia fetale
La chirurgia fetale è nata per il trattamento dell’idrocefalo in utero: tuttavia, i risultati ottenuti non giustificavano i rischi della procedura per cui questa indicazione è decaduta. Attualmente, l’indicazione principale alla chirurgia fetale è la spina bifida aperta (mielomeningocele), seguita dall’encefalocele (malformazione cerebrale con fuoriuscita di parte del cervello dal cranio).
Benefici e rischi associati
La spina bifida aperta è una malformazione in cui la cute della regione lombare e i muscoli sottostanti sono assenti, le vertebre non sono chiuse bene (donde il termine di “bifida”, ossia divisa a metà), le meningi sono malformate e il midollo spinale si trova quindi fuori dalla schiena, esposto al liquido amniotico. I bambini affetti spesso hanno disturbi sfinterici (difficoltà a fare i bisogni) e difficoltà a muovere le gambe. Possono presentare anche idrocefalo e malformazione di Chiari (vedi articoli rispettivi). Abitualmente, sono operati alla nascita. La chirurgia fetale offre la possibilità di riparare la spina bifida in utero, evitando l’esposizione del midollo al liquido amniotico. Ciò permette di avere, alla nascita, una migliore motilità delle gambe e un minor rischio di sviluppare m. di Chiari (ridotta fino al 70%) e idrocefalo (fino al 50%). Il rischio principale per il feto è quello di parto prematuro; per la madre, di deiscenza dell’utero.
Procedura e applicazioni
La chirurgia fetale per la spina bifida viene eseguita attraverso un taglio cesareo effettuato intorno alla 24-25esima settimana di gestazione. Durante l’intervento, eseguito in anestesia generale (che permette di addormentare sia la mamma che il feto), l’utero viene esposto per consentire il prosieguo della procedura. Questa può essere eseguita a cielo aperto (ossia con incisione della parete uterina, come in un normale taglio cesareo) oppure con tecnica fetoscopica (ossia introducendo degli strumenti chirurgici nell’utero attraverso dei fori come in una laparoscopia). La tecnica a cielo aperto è più usata e più efficace. La tecnica fetoscopica è meno traumatica per l’utero. Alla fine dell’intervento, la ferita viene suturata come nel taglio cesareo. Il bambino nascerà in seguito attraverso un nuovo taglio cesareo.
Altre condizioni mediche richiedenti la chirurgia fetale
Oltre alle patologie neurochirurgiche (spina bifida, encefalocele), la chirurgia in utero può essere usata per risolvere stenosi dell’uretra, drenare idrotorace fetale, effettuare trasfusioni fetali, rimuovere alcuni tipi di tumori o malformazioni che compromettono lo sviluppo fetale.
Prospettive a lungo termine per i neonati operati
I bambini con spina bifida operati in utero presentano generalmente un normale sviluppo cognitivo (come quelli operati alla nascita), una buona motilità delle gambe (solitamente con possibilità di camminare da soli o con tutori o stampelle) ed assenza di idrocefalo e m. di Chiari nella maggior parte dei casi.