Fibrillazione atriale (FA): l’aritmia più frequente?
La fibrillazione atriale è una delle aritmie più comuni in assoluto, interessando circa l’1-2% della popolazione dei paesi occidentali. Colpisce più frequentemente il sesso maschile rispetto a quello femminile. Sebbene possa interessare a volte anche le persone giovani (in particolare quelle che praticano attività sportiva in maniera molto intensa), si tratta essenzialmente di un’aritmia correlata con l’invecchiamento. Infatti, la prevalenza della fibrillazione atriale aumenta dallo 0,5-4,5% nella fascia di età 40-45 anni al 10-15% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni, sfiorando il 18% nella popolazione più anziana di 85 anni. Approfondiamo questo argomento con il Dott. Alessandro Blandino, Cardiologo, Aritmologo, Elettrofisiologo e Nutrizionista, attualmente dirigente medico di Cardiologia ed Elettrofisiologia Cardiaca presso l’Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino
In che cosa consiste la fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale consiste nella presenza di un’attività elettrica degli atri rapidissima (generalmente > 600 bpm), totalmente irregolare e disorganizzata. A tale attività elettrica disorganizzata e velocissima corrisponde un’attività meccanica pressoché inefficace, con conseguente rallentamento del flusso ematico e possibile formazione di coaguli all’interno degli atri stessi.
Qualora questi coaguli dovessero staccarsi dal cuore, viaggiando attraverso il torrente circolatorio, possono raggiungere potenzialmente ogni distretto periferico dell’organismo causando infarti embolici sistemici e nel caso particolare e più temibile che raggiungano il cervello, possono causare un ictus ischemico.
La fibrillazione atriale, d’altra parte, è la prima causa di ictus ischemico embolico e proprio per tale motivo è un’aritmia temibile, da non sottovalutare.
La fibrillazione atriale può evolvere nel tempo?
Normalmente, la fibrillazione atriale si presenta all’inizio con brevi episodi aritmici, della durata variabile da pochi minuti ad alcune ore, sempre a risoluzione spontanea: in questo caso si parla di fibrillazione atriale parossistica.
Col tempo gli episodi diventano più lunghi e non terminano più spontaneamente ma solo grazie ad un intervento esterno, ovvero mediante la cardioversione (elettrica o farmacologica): in tal caso si parla di fibrillazione atriale persistente.
Infine, se l’aritmia non viene trattata ed interrotta, evolverà verso una forma cronica in cui diventa il ritmo costante del cuore e ogni ulteriore tentativo di interromperla risulterà inefficace: si parlerà in questo caso di fibrillazione atriale permanente.
Quali sono le persone più a rischio di sviluppare la fibrillazione atriale?
I fattori di rischio della fibrillazione atriale si possono catalogare grossolanamente in due grandi gruppi: fattori metabolici e fattori strutturali.
Nel primo gruppo rientrano tutti quei fattori metabolici che da soli possono scatenare l’aritmia, anche senza la presenza di un substrato sottostante. Rientrano qui:
- l’ipertiroidismo
- la febbre
- gli stati settici
- le marcate alterazioni elettrolitiche
- l’abbassamento dell’ossigeno nel sangue
- l’eccesso di alcol, farmaci o sostante stupefacenti ad azione adrenergica (es. cocaina)
Nel secondo gruppo rientrano tutte quelle condizioni che si associano invece ad una alterazione strutturale del tessuto atriale e quindi allo sviluppo di un substrato strutturale e anatomico vero e proprio. Rientrano qui:
- la presenza di ipertensione arteriosa
- i vizi valvolari
- le cardiomiopatie con grave disfunzione cardiaca
- lo scompenso cardiaco
- l’infarto miocardico acuto
- il cuore polmonare
Quali sono i sintomi della fibrillazione atriale?
I sintomi della fibrillazione atriale sono molto eterogenei e dipendono principalmente dall’età del paziente e dalla capacità del cuore di battere velocemente.
Nelle persone giovani, in cui il cuore raggiunge senza problemi frequenze cardiache > 180 bpm, i sintomi più frequenti sono batticuore, dispnea sia a riposo che da sforzo, stanchezza e raramente dolore toracico. Rarissimo lo svenimento o sincope che deve suggerire diagnosi alternative e/o comorbilità associate.
Nelle persone più anziane, in cui il cuore batte più lentamente, i sintomi sono più sottili, spesso si limitano ad uno sfumato malessere con stanchezza, molto raramente il cardiopalmo. A volte i sintomi possono mancare del tutto, ovvero il paziente è completamente asintomatico, e l’ictus ischemico può essere la prima manifestazione dell’aritmia.
Come si ottiene la diagnosi di fibrillazione atriale?
La diagnosi si basa sull’esecuzione di un elettrocardiogramma che documenti l’aritmia. Mentre fare questo è molto semplice nelle persone sintomatiche e con episodi di lunga durata, ben altro discorso è riuscire a documentare l’aritmia nei pazienti con pochi sintomi ed episodi di fibrillazione atriale parossistica di breve durata. In tali casi, l’utilizzo dell’Holter ECG, del Cardio-Beep o l’impianto di un Loop Recorder rappresentano le soluzioni cliniche di maggior utilizzo.
Oggi, l’introduzione sul mercato di numerosi smart-watch con capacità di registrare una derivazione ECG ha di fatto rivoluzionato la nostra capacità di registrare e documentare le aritmie. Con tali dispositivi, dato che sono costantemente indossati dal paziente, è pressoché impossibile non riuscire a documentare qualunque episodio di cardiopalmo, anche di breve durata, con una registrazione ECG, peraltro, di elevata qualità e leggibilità.