I risultati della PMA in donne a partire dai 40 anni con la selezione degli ovociti
Grazie ad un importante lavoro scientifico del Prof. Claudio Manna, Direttore del Centro di PMA Biofertility, pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Medicine, si è dimostrato che è possibile ottenere buoni risultati in termini di nascite per cicli di PMA eseguiti solo selezionando gli ovociti e inseminandone un numero pari agli embrioni che si vogliono trasferire subito senza crioconservarne. Ciò è stato svolto nel gruppo di pazienti più difficile, ossia le donne in età superiore ai 40 anni con bassa riserva ovarica e numerosi fallimenti precedenti
Perché si è scelta tale tecnica?
Questa tecnica di PMA da noi utilizzata è stata scelta per non stressare eccessivamente gli embrioni, già fragili in queste coppie, e dargli quindi più possibilità di impianto.
In questo modo, inoltre, è possibile sia ridurre i problemi ostetrici, che sono stati dimostrati maggiori con le colture in vitro troppo lunghe (5 o più giorni); sia evitare di accumulare embrioni congelati dal destino incerto. I transfer sono stati eseguiti dopo 2 giorni di coltura degli embrioni (o dopo uno solo).
Quali sono i risultati ottenuti?
I risultati sono:
- 95,7% come tasso di fecondazione (nella media internazionale dei centri è del 65%);
- 10% di nascite per ciclo di PMA (la media dei centri italiani secondo l’ISS nel 2019 è stata del 4,7% per le donne con età superiore ai 40 anni. Ma è pure interessante notare che nella casistica di tutte le età i centri italiani avevano registrato l’11,2% di parti);
- 16,7 % di gravidanze gemellari (2 gemelli, nessuno con 3; in Europa la percentuale di gravidanze gemellari è stata del 16,9%);
- Gravidanze e parti si sono ottenuti anche in donne di 44 anni (transfer il giorno dopo del pick-up).
Che differenza c’è tra questo protocollo e quello con lunghe colture embrionali?
Questo protocollo ha dato buoni risultati e, soprattutto, vuole ridurre i rischi ostetrici e neonatali che un numero crescente di studi scientifici associa invece alle lunghe colture embrionali (blastocisti) e alle tecniche di diagnosi preimpianto (PGT-A).
Inoltre, bisogna considerare che un numero non trascurabile di embrioni non giunge neanche allo stadio di blastocisti.
Quindi, è stato dimostrato da numerosi studi che le gravidanze ottenute in seguito ad un transfer di blastocisti (5-6 giorni) hanno presentato più nascite pre-termine, placenta previa e distacco di placenta, feti troppo piccoli o troppo grandi per l’età gestazionale rispetto a quelle registrate dopo il transfer di embrioni a stadi più precoci di sviluppo in vitro (2-3 giorni).
Inoltre, si è dimostrato principalmente sugli embrioni di varie specie animali che l’ambiente delle colture in vitro, quando è troppo prolungato, influisce negativamente sulla espressione dei geni dell’embrione e di quelli alla nascita. Pertanto molti studiosi pensano che si potrebbero manifestare problematiche dovute a questa precedente esposizione ambientale (problemi epigenetici).
In conclusione, lo studio portato a termine dal Prof. Manna mostra che anche nei casi più difficili è possibile ottenere buoni risultati con la PMA, scegliendo gli ovociti migliori da inseminare mediante un grande lavoro personalizzato in laboratorio e trasferendo presto gli embrioni in utero. Infatti, quest’organo rappresenta pur sempre l’incubatore più perfezionato dopo milioni di anni di evoluzione delle specie animali compresa quella umana. Quindi, anche gli incubatori più avanzati che oggi sono disponibili sul mercato non possono mantenere con la stessa efficienza i parametri vitali come temperatura, pH, osmolarità e, soprattutto, non contengono nei mezzi di coltura la miriade di elementi, ormoni e fattori di crescita presenti nel sistema riproduttivo in fasi così sensibili.
Che cosa contraddistingue il lavoro eseguito dall’équipe del Centro di PMA Biofertility?
Innanzitutto, nel Centro di PMA Biofertility si cerca sempre di praticare tecniche che rispettino al massimo i principi di etica in un settore così delicato della medicina.
Inoltre, nel Centro Biofertility sono attualmente in corso ricerche che dovranno migliorare la capacità di individuare sempre meglio la vera qualità degli ovociti mediante tecniche di intelligenza artificiale, alle quali si dedicano dal 2003. Lo scopo è di selezionare gli ovociti attraverso le loro immagini, inseminare solo i migliori e trasferirli in utero. In questo modo, si capirebbero meglio i protocolli di stimolazione ed i farmaci migliori in grado di fornire buoni ovociti allo scopo sia di inseminarli sia di crioconservarli.
Infatti, ci sono studi che dimostrano come solo il 5% di tutti gli ovociti raccolti nei pick-up sono in grado di generare un bambino. Quindi, non è affatto detto che tra tutti gli embrioni che si possono crioconservare in un ciclo di PMA (ammesso che ce ne siano abbastanza da crioconservare) ci sia veramente quello buono. Normalmente da questo pool di embrioni ne viene scongelato uno per volta in un arco di tempo che potrebbe essere molto lungo (anche 1 anno o più). Accorgersi dopo l’ultimo transfer che nessuno aveva portato alla gravidanza può essere spiacevole per tante ragioni:
- Molto tempo passato dal pick-up con un conseguente aumento dell’età anagrafica e quindi, spesso, una riduzione della riserva ovarica;
- Costo economico di ogni transfer da materiale scongelato;
- Costo emozionale dei possibili insuccessi.
Quindi, se per caso quel ciclo di stimolazione che ha fornito il pool di embrioni crioconservati non fosse perfetto (ad esempio, per un aumento eccessivo e non valutato di progesterone durante la stimolazione che influisce negativamente anche sulla qualità degli ovociti), questi transfer successivi potrebbero essere a rischio.
È comprensibile che quando si fa una stimolazione ed un pick-up la possibilità di crioconservare dia alla coppia la speranza che se il primo ciclo fallisce si hanno poi altre possibilità senza sottoporsi ad ulteriori stimolazioni. Tuttavia, esistono varie problematiche come abbiamo visto che potrebbero essere ulteriormente amplificate da tecniche come la diagnosi preimpianto o PGT-A che stanno dimostrando molti limiti.
Invece, la selezione degli ovociti consente anzitutto di non utilizzare quelli che con grande probabilità non sarebbero in grado di dare un bambino. È quello che nel Centro Biofertility si fa costantemente con il massimo della personalizzazione non solo della stimolazione, ma anche del lavoro di laboratorio e del controllo dopo il transfer.
Naturalmente non si intende dire alle coppie in cerca di un figlio che il transfer di blastocisti non si debba fare, perché un grandissimo numero di bambini sani nasce da embrioni in coltura fino a questo stadio. È giusto, però, considerare anche i vantaggi dei transfer di embrioni a stadi più precoci, specialmente in casi difficili di infertilità dove stressarli il meno possibile può essere vantaggioso.
È possibile leggere l’Abstract dell’articolo pubblicato in versione italiana, nel PDF scaricabile “Abstract - I protocolli comunemente utilizzati nella PMA”.