La Sindrome dell’Impostore: “Chi non mi credo di essere”
La cosiddetta “Sindrome dell’Impostore” rientra nei Disturbi dell’Immagine di sé, i cui elementi principali sono dei sistemi PSC (Pensieri-Sentimenti-Comportamenti) distorti e negativi su se stessi che la persona considera veri in modo assoluto, senza tenere in considerazione i dati di realtà che li disconfermano. Ce ne parla la Dott.ssa Maria Chiara Rinaldi, Psicologa, Psicodiagnosta e Psicoterapeuta a Napoli
Quando si può parlare di Sindrome dell’Impostore?
La persona che manifesta questa “Sindrome” è convinta d’ingannare gli altri sostenendo e mostrando di essere qualcosa che non è e di non corrispondere all’idea positiva che questi hanno di lei; in altri termini è convinta che gli altri la sopravvalutino.
Secondo Clance e Imes, le due psicologhe cliniche che per prime hanno descritto la “Sindrome dell’Impostore” in un articolo del 1978, essa si definisce in base a tre caratteristiche principali:
- la convinzione che gli altri sopravvalutino la persona, ovvero che abbiano una concezione esageratamente positiva delle sue capacità e competenze;
- la paura costante di essere scoperti e riconosciuti come imbroglioni;
- attribuire costantemente il successo ottenuto a fattori esterni a sé come la fortuna, un livello straordinario di duro lavoro e/o studio o a errori altrui nella valutazione/selezione.
Quali sono i segnali che il paziente può manifestare che possono far pensare al fatto che sia in atto la Sindrome dell’Impostore?
La “Sindrome dell’Impostore” indebolisce un’autostima già deficitaria e la fiducia in se stessi, e quindi spesso risulta dannosa per la qualità della vita lavorativa e sociale: il paziente manifesta un dubbio costante su di sé, sul proprio valore e sulle proprie capacità.
La persona, nonostante spesso abbia successo agli occhi degli altri, si dimostra in dubbio di fronte alle proprie qualità e capacità; si considera segretamente un “Bluff” e ritiene che tutto ciò che di positivo abbia ottenuto sia dovuto alle circostanze, alla fortuna; è convinta d’ingannare tutti e vive nel costante timore di essere prima o poi smascherata.
Questi pazienti considerano “Vera” un’immagine di sé negativa, e vivono la parte di sé che ha successo come “Falsa”. La loro autosvalutazione può essere così alta e la sofferenza che provano nel convivere con questa immagine ritenuta “Falsa” di sé può essere così forte da portarli ad auto-sabotarsi, a ricoprire ruoli e a svolgere attività al di sotto delle loro reali ed effettive capacità.
Le persone con “Sindrome dell’Impostore” non si permettono di beneficiare interiormente di alcun complimento e riconoscimento che possano ricevere. Al riguardo, in Analisi Transazionale si dice che la persona mette un filtro rispetto al ricevere e accettare riconoscimenti positivi e, in tal modo, si nega la possibilità di trarre beneficio dai riconoscimenti positivi di cui ogni essere umano ha assolutamente bisogno per stare bene.
Sandi Mann (2019) indica altri segni e sintomi indicanti la “Sindrome dell’Impostore”:
- strategie comportamentali per evitare di essere “Smascherati”, quali lavorare con un impegno fuori dal comune e la tendenza a non esprimere le proprie vere opinioni e pensieri;
- il bisogno costante di trovare e rivolgersi a qualcuno che il soggetto sente “Superiore” a sé;
- perfezionismo e paura del fallimento: qualunque cosa che non arrivi alla perfezione o anche errori minimi costituiscono per la persona la conferma di non valere nulla;
- svalutazione dei risultati raggiunti;
- tendenza a sminuire elogi e riconoscimenti positivi;
- auto-sabotaggio: la persona può per esempio non prepararsi adeguatamente per un esame in modo da limitare la percezione di sentirsi un impostore; se infatti la persona non ottiene un buon risultato non si sente un impostore.
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Parliamo delle cause: quali sono?
Secondo vari studi, nel favorire l’insorgenza della “Sindrome dell’Impostore” intervengono fattori di diverso tipo: familiari, sociali e psicologici.
L’ambiente familiare in cui si è cresciuti può contribuire in modo significativo a determinare il vissuto e la credenza di essere degli impostori. Sono state identificate alcune dinamiche familiari favorenti quali:
- crescere all’ombra di un fratello/sorella di cui venivano molto sottolineate ed esaltate le qualità dai familiari;
- essere investito di altissime aspettative ed essere considerato dalla famiglia superiore agli altri in tutto.
Va precisato che il contesto familiare non è il solo a determinare l’insorgenza di tale “Sindrome”, infatti le suddette dinamiche non determinano di per se stesse e con certezza tale fenomeno.
Tra i fattori sociali che possono contribuire al sentirsi falsi o impostori ricordiamo l’impatto dei Social Media sull’autostima e le aspettative sociali sui giovani adulti (tra i 25 e i 35 anni).
Per quanto concerne i fattori psicologici favorenti, si fa riferimento ai Disturbi dell’Autostima. Quando diciamo che una persona ha scarsa autostima intendiamo qualcosa di più dell’avere un’idea negativa di qualche aspetto di se stessi; intendiamo, infatti, che la persona ritiene di avere uno scarso o nessun valore nel complesso.
La “Sindrome dell’Impostore” è collegata a un’autostima negativa, a un’autoconvinzione negativa e a una scarsa fiducia in se stessi, cioè nelle proprie capacità. Queste distorsioni dell’immagine di sé, a loro volta, hanno origine nelle prime esperienze infantili e adolescenziali negative e ripetute (come, per esempio, un ambiente familiare svalutante e trascurante e/o iper-controllante; essere vittima di bullismo; essere paragonati sfavorevolmente ad altri; avere scarsi risultati scolastici, ecc.). Tutti questi fattori possono portare a sviluppare, fin dall’infanzia, schemi di pensiero distorti che contribuiscono allo sviluppo della Sindrome dell’Impostore.
Come si può diagnosticare questa Sindrome? Quali sono gli aspetti che la differenziano da altre patologie?
Va innanzitutto precisato che la cosiddetta “Sindrome” dell’Impostore è molto diffusa: si riscontra, infatti, in persone che hanno successo e/o qualità personali evidenti, di ogni estrazione sociale, aventi tutte in comune la convinzione di non essere in realtà abbastanza brave e di valere molto poco. Possono essere donne, uomini, giovani e anziani.
Ci sono, inoltre, anche figure pubbliche di grande successo che, stando alle loro dichiarazioni, soffrono o hanno sofferto della Sindrome dell’Impostore.
La Sindrome dell’Impostore non riguarda solo la vita lavorativa, ma anche quella sociale e privata. Ci sono persone che pensano di non essere abbastanza brave come genitori, come coniuge, come amici e addirittura come esseri umani. Si può diagnosticare questa “Sindrome” quando ci sono pochissimi dati di realtà oggettivi che possono sostenere la convinzione di queste persone di essere degli imbroglioni.
Secondo alcuni studiosi, sarebbe più corretto parlare di “esperienza” dell’Impostore anziché di “Sindrome”, perché in effetti, come si è detto, essendo una distorsione molto diffusa non può essere considerata un vero e proprio disturbo mentale (infatti non è annoverata nel DSM-5TR). Circa l’80% di noi, secondo le ricerche, sperimenta questo fenomeno in almeno un periodo della propria vita, anche se è più frequente tra chi raggiunge risultati molto alti.
Spesso i segni di questa “Sindrome” si manifestano pienamente in alcuni momenti particolari: ad esempio quando si ottiene il primo titolo nel proprio campo (laurea, qualifica professionale), quando s’inizia un nuovo percorso formativo (liceo, università, specializzazione) o quando si ha una promozione sul lavoro.
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In che modo è possibile lavorare col paziente per fargli riacquistare l’autostima persa? La Sindrome dell’Impostore si può curare?
Essendo la “Sindrome dell’Impostore” solo una manifestazione particolare dei più generali Disturbi dell’Immagine di sé, il trattamento elettivo è una psicoterapia analitica a base psicodinamica, della quale esistono diversi approcci.
In Analisi Transazionale la terapia comprende due fasi: una prima fase detta di Decontaminazione e una seconda fase Analitica detta di De-confusione.
Nella prima fase di Decontaminazione si lavorerà insieme al paziente sulle sue convinzioni negative distorte per poter ridefinire in maniera realistica i suoi sistemi PSC (Pensieri-Sentimenti-Comportamenti). In altri termini, si lavorerà sulla riformulazione e ridefinizione dei suoi pensieri e sui comportamenti sintomatici e disfunzionali.
Una volta completata questa fase, anche se il paziente avrà dei miglioramenti e una percezione di maggior benessere, sarà necessario per una stabilizzazione dei risultati per procedere alla seconda fase analitica della terapia (De-confusione), dove l’intervento si concentrerà sulla riorganizzazione e integrazione della personalità che consiste nel divenire veramente se stessi, nell’accettare il proprio modo di essere nel mondo con le proprie qualità e limiti naturalmente umani e per poter, quindi, realizzare in maniera naturale e piena il proprio potenziale.
Riferimenti bibliografici:
Sandi Mann “La Sindrome dell’Impostore” 2021 Feltrinelli Editore, Milano
Stewart, V. Joines “L’Analisi Transazionale: Guida alla psicologia dei rapporti umani”2000, Garzanti Editore, Milano
AAVV, “Bisogni Spezzati Bisogni Ritrovati”, 2012 Alpes Italia Editore, Roma
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