L’imputabilità dei pazienti autori di reato: tra psichiatria e diritto
La discussione sull’imputabilità dei pazienti affetti da disturbi mentali autori di reato ha guadagnato grande attenzione in Italia, soprattutto dopo l’introduzione della legge 81/2014 che ha sancito la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), affidando la gestione e il trattamento di questi pazienti ai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM). Sebbene rappresenti un passo importante verso la tutela dei diritti umani, la legge presenta diverse criticità, evidenziate da giuristi e psichiatri. Con questo articolo vogliamo fornire ai pazienti un riassunto esaustivo dell’articolo scritto dal Dott. Antonio Amatulli per la Rivista di Salute Mentale di Comunità.
Il contesto normativo: un sistema fragile
La legge 81/2014 è stata promulgata in tempi rapidi, in parte per rispondere all’indignazione suscitata dalle immagini degli OPG divulgate dalla Commissione Marino. Tuttavia, questa accelerazione ha generato un quadro normativo fragile. La Corte Costituzionale, nella sentenza 22/2022, ha evidenziato l’insufficienza delle basi giuridiche, in particolare per quanto riguarda le misure detentive, regolate solo dall’articolo 3-ter del Decreto Legge 211/2011.
L’affidamento della gestione di questi pazienti ai DSM ha posto le strutture sanitarie di fronte a sfide enormi. La carenza di risorse e posti adeguati ha portato a un sovraccarico del sistema, alimentando richieste di modifica del regime di non imputabilità.
Il principio di colpevolezza e il rispetto della Costituzione
L’abolizione della non imputabilità per i pazienti affetti da gravi disturbi mentali è sostenuta da alcuni, ma pone interrogativi fondamentali. Il principio di colpevolezza, sancito dall’articolo 27 della Costituzione, richiede che la responsabilità penale sia personale e basata sulla capacità del soggetto di comprendere e controllare le proprie azioni. Imputare pienamente un paziente incapace significherebbe ignorare i fondamenti stessi della psichiatria, che riconosce la presenza di disturbi mentali capaci di compromettere il libero arbitrio e l’autodeterminazione.
Le conseguenze del sistema penale sulla salute mentale
Un altro aspetto critico riguarda l’idea di “rimodulare” la pena per tener conto delle condizioni psichiche del reo. Attualmente, i pazienti sono gestiti in ambito sanitario, con maggiore attenzione ai loro bisogni specifici. Trasferirli nel sistema penale, anche con articolazioni speciali, rischierebbe di peggiorare la loro condizione e comprimere i loro diritti. Le strutture carcerarie italiane, infatti, sono spesso inadeguate a garantire un trattamento adeguato ai pazienti con disturbi mentali.
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Il ruolo della psichiatria nella definizione della capacità di intendere e volere
La psichiatria moderna, con il suo approccio bio-psico-sociale, è in grado di identificare specifici quadri psicopatologici che influenzano la capacità di intendere e volere. Ignorare questi aspetti significherebbe rinnegare decenni di progressi nella comprensione e trattamento dei disturbi mentali. La dignità del paziente non si tutela con la finzione giuridica della piena imputabilità, ma riconoscendo le sue condizioni e agendo di conseguenza.
Conclusioni
Il dibattito sull’imputabilità dei pazienti autori di reato richiede un approccio equilibrato, che tenga conto sia delle esigenze di sicurezza pubblica sia dei diritti e delle necessità dei pazienti. Mantenere la possibilità di dichiarare la non imputabilità per incapacità mentale non è solo una questione di rispetto della Costituzione, ma anche di garantire un trattamento più umano e adeguato. La riforma della legge 81/2014 dovrebbe essere accompagnata da un sostanziale rafforzamento del sistema dei DSM, migliorando la gestione dei pazienti, senza però rinunciare ai principi fondanti della psichiatria e del diritto penale.