Neoplasie della Tiroide: quanto incidono sulla nostra popolazione?
Il Dott. Roberto Castello ci delucida in questo articolo il tumore alla tiroide, concentrandosi soprattutto sulla sua incidenza e sulla prognosi della malattia
L’incidenza delle neoplasie tiroidee
Il carcinoma differenziato della tiroide è il più comune tumore endocrino ed è rappresentato da 3 sottotipi:
- papillare,
- follicolare;
- a cellule di Hurtle.
La forma papillare rappresenta l’80% del totale. Il tasso di mortalità è molto basso, attorno 0.4-0.6 x 100.000 persone, mentre sono più frequenti le recidive. L’incidenza del carcinoma tiroideo negli ultimi 20 anni è incrementata in maniera progressiva, dovuta soprattutto all’aumento delle diagnosi di micro-carcinoma papillari, grazie alla diffusione di tecniche diagnostiche ed ecografiche. Nelle donne giovani Under 40, è al secondo posto dopo il carcinoma della mammella, mentre nel genere maschile è la quarta neoplasia sotto i 40 anni di età. Sono circa 215.000 le persone viventi in Italia dopo una diagnosi di tumore della tiroide.
Nonostante l’incremento di incidenza, la mortalità rimane stabile nel tempo e complessivamente molto bassa e la sopravvivenza è una delle migliori fra le forme tumorali maligne. Relativamente al progressivo aumento del carcinoma tiroideo vi è generale accordo nel ritenere che l’incremento dell’incidenza, specie per quanto riguarda i microcarcinomi papillari, sia in larga parte giustificato da un “eccesso di diagnosi”, conseguenza di un più frequente ricorso a tecniche di immagine radiologica nel 40% dei casi, spesso eseguite per motivi diversi da quelli tiroidei. Il tumore tiroideo è ritenuto in genere più frequente nel genere femminile, però questa affermazione potrebbe costituire una particolare semplificazione della realtà: la differenza tra i 2 sessi è vera per le forme più piccole di dimensioni (inferiori a 1 cm) mentre la prevalenza di tumori aggressivi è uguale nei 2 generi.
Il trattamento e la prognosi
L’intervento chirurgico (tiroidectomia totale), seguito da radioterapia metabolica nei casi ad alto rischio e operati radicalmente rimane la terapia standard, anche se da qualche anno le nuove linee guida hanno rivisto molti aspetti in ambito di classificazione, istologia, grado di rischio, terapia con iodio radioattivo e terapia farmacologica. Questo si è tradotto in una maggiore sartorializzazione per il singolo paziente. Grande impatto prognostico hanno i livelli di tireoglobulina dopo la tiroidectomia per prevedere una situazione libera da malattia. In particolare livelli inferiori a 1 ng/mL hanno un valore prognostico elevato, perché predittori di un basso rischio di recidiva, anche se non sia stata fatta una terapia radiometabolica. Le attuali linee guida per i tumori differenziati della tiroide prevedono una prima valutazione della risposta alla terapia iniziale dopo sei mesi e poi dopo un anno. Il controllo richiede una valutazione biochimica, morfologica (ecografia del collo) e clinica con una visita medica.