Nuove terapie nella Sclerosi Multipla
La sclerosi multipla è una patologia cronica ed autoimmune del sistema nervoso centrale, e rappresenta una delle prime cause di disabilità non traumatica fra i giovani adulti. Grazie alle più recenti scoperte, la tradizionale considerazione di questa malattia è sul "precipizio di un cambiamento": da patologia demielinizzante mediata dall'attivazione periferica del sistema immunitario adattativo ed associata a manifestazioni cliniche graniticamente distinte in recidivanti o progressive, a spettro di manifestazioni patologiche mediato dal continuum di infiammazione e neurodegenerazione, la prima delle quali in grado di compartimentalizzarsi a livello del sistema nervoso centrale e perpetuarsi grazie a processi cronicamente attivi.
Limiti delle terapie attuali
Tale nuova concezione determina il nitido stagliarsi dei limiti delle attuali terapie: le stesse, infatti, hanno dimostrato la capacità di arrestare efficacemente l'infiammazione soltanto a livello periferico, ed è per questo motivo che sono destinate, per la maggior parte, al fenotipo clinico recidivante. Le stesse sono infatti meno efficaci nel contrastare l'infiammazione residente nel sistema nervoso centrale e la neurodegenerazione; tali processi guidano la progressione in tutte le forme di malattia, in modo più o meno silente, spesso non identificato anche per via dei limiti insiti nelle misure cliniche di disabilità tradizionalmente utilizzate.
Necessità di nuove modalità di misurazione
Tutto ciò determina la necessità di identificare nuove modalità per misurare l'efficacia di un farmaco nell'arrestare la progressione di malattia, senza tralasciare i sintomi "invisibili" come l'impairment cognitivo.
Anticorpi monoclonali anti-CD20
Nel panorama terapeutico già disponibile per la sclerosi multipla, gli anticorpi monoclonali anti-CD20 rappresentano una possibilità ormai consolidata per le forme di malattia più aggressive.
Nuove frontiere: i farmaci iBTK
Per quanto concerne le nuove frontiere farmacologiche, meritano menzione i farmaci inibitori della tirosinchinasi di Bruton (iBTK): si tratta di molecole in grado di agire sul sistema immunitario anche nelle sue componenti cellulari innate e residenti nel sistema nervoso centrale, protagoniste in processi patologici cruciali, come la microglia. Sebbene alcune molecole di questa famiglia abbiano dimostrato inadeguatezza secondo gli obiettivi di efficacia tradizionalmente utilizzati, i dati dei trials clinici mostrano potenzialità dei iBTK nel contrastare la progressione di malattia, probabilmente grazie al loro effetto diretto sul sistema nervoso centrale: prospettive future propongono di sfruttare tali terapie in combinazione con altri agenti, in grado di sopperire alla non adeguata soppressione dell'infiammazione periferica.
Frexalimab: una nuova opportunità
Un altro promettente farmaco, in fase di studio in trials clinici destinati sia a forme recidivanti che progressive di malattia, è il Frexalimab; un anticorpo monoclonale in grado di modulare la neuroinfiammazione sia acuta che cronica, anche in questo caso grazie all'azione sia su cellule dell'immunità innata che adattativa.
Le sfide della ricerca
In ultima analisi, la sfida più attuale nella ricerca di nuovi farmaci per la sclerosi multipla è dover rispondere a moderne esigenze: l’identificazione di nuovi target farmacologici più rappresentativi dei processi patologici che determinano l'accumulo di disabilità, e la ridefinizione dei concetti e del linguaggio utilizzati per descrivere i fenotipi clinici della malattia e misurare l'efficacia delle terapie.