Osteointegrazione: orizzonti nuovi e più sicuri
Cosa vuol dire “osteointegrazione” nel XXI secolo? Ne parla il Prof. Massimo Simion, esperto in Odontoiatria a Milano
Che cos'è l'osteointegrazione?
L’osteointegrazione ci ha fornito uno dei più predicibili trattamenti nella medicina dentale, caratterizzata da una percentuale di successo superiore al 95%.
Tuttavia, la situazione è cambiata. Sempre più pazienti vengono nei nostri studi con gravi infiammazioni dei tessuti perimplantari associate a grave e progressiva perdita di osso.
Ma analizziamo le tappe: tra gli anni 60 e 80 il Professor Branemark sviluppò il concetto di osteointegrazione e, fino agli anni 2000, tale sistema venne usato estensivamente e con successo in tutto il mondo per trattare migliaia di pazienti totalmente e parzialmente edentuli. Una particolare caratteristica del sistema fu l’uso di un impianto cilindrico con una filettatura singola e una superficie relativamente liscia.
A partire dagli anni 2000, i produttori di impianti hanno iniziato a proporre le cosiddette “superfici attive”, ovvero superfici rugose. Lo scopo era quello di promuovere un’osteointegrazione migliore e più rapida, permettendo una guarigione più veloce prima del caricamento dell’impianto (o in alcuni casi del carico immediato). A partire dal 2005, tuttavia, una percentuale sempre maggiore di pazienti iniziò a mostrare infiammazioni dei tessuti peri-implantari con una progressiva perdita di osso.
Gli impianti funzionano per tutta la vita?
La nostra fiducia nel trattamento implantare è quindi diminuita: non ci sentiamo più sicuri nel dire ai nostri pazienti “I vostri impianti funzioneranno per tutta la vostra vita”.
Pertanto, ritengo che ricercatori, clinici e aziende, dovranno prendersi la responsabilità collettiva di ritornare al concetto tradizionale di Branemark di un impianto con almeno il 50% di superficie liscia nella sua porzione più vicina alla gengiva, e che venga caricato solo dopo un sufficiente periodo di tempo per far sì che l’osso si integri con l’impianto.
Ti potrebbero interessare anche i seguenti articoli: "Prevenzione e cura per la perimplantite" e "Implantologia: limitare i rischi? Si può".