Rapporti familiari conflittuali: cosa fare?
La famiglia rappresenta il luogo degli affetti più forti e più importanti della vita degli esseri umani e ciò vale sia che ci si riferisca alla famiglia di origine cioè genitori, fratelli e sorelle, nonni, zii e quant’altro, sia che ci si riferisca alla famiglia a cui si sia scelto di appartenere e di formare: moglie, marito, figli. Attualmente, sono molto presenti nella realtà quotidiana anche le cosiddette famiglie allargate: ex mariti e mogli, nuovi compagni o compagne, figli e figlie di primo e secondo letto. I rapporti che regolano i contatti tra queste persone appartenenti allo stesso nucleo familiare non sono quasi mai del tutto sereni; spesso nascono gelosie, rancori e aggressività tra i componenti, situazioni favorite dalle differenze generazionali, dal desiderio di primeggiare, di comandare, di avere la supremazia sugli altri. A volte tutto ciò nasce proprio da uno stato di malessere psicologico, che riguarda tutti i membri della famiglia ed è proprio di questo che si occupa la terapia psicologica familiare, detta anche terapia relazionale
Chi colpisce soprattutto il disagio?
In genere il disagio colpisce in modo più evidente ed eclatante solo uno dei componenti del nucleo, ma in realtà il malessere psicologico, la disfunzionalità, riguarda tutti. Il paziente designato è solo colui che si fa portatore, bandiera, stendardo, con la sua sintomatologia, del malessere di tutta la famiglia.
Quindi non è solo il paziente designato che deve essere curato, ma tutto l’insieme familiare. A volte i rapporti tra i componenti vivono momenti difficili a causa delle tendenze competitive dei membri, delle gelosie, delle invidie, ma non deve essere delegato solo allo psicoterapeuta la responsabilità della cura, tutta la famiglia deve prendersi la responsabilità di seguire un percorso psicoterapico e far fiorire le proprie risorse, alle quali poi ricorrere per progredire verso il benessere di tutti.
In che cosa consiste il trattamento?
Secondo uno dei maggiori esponenti della terapia famigliare, Carl Whitaker, la cura consiste in una sorta di danza, cioè di scambi di vario tipo, fatta di colloqui ma anche di scambi di posto nel sedersi accanto all’uno o all’altro dei componenti, che il terapeuta intraprende con la famiglia durante le sedute a cui devono presenziare tutti i componenti e se qualcuno dovesse essere assente, si escogiteranno vari modi per renderlo comunque presente. Le posizioni scelte nel sedersi nella stanza di terapia da parte dei vari membri, hanno un valore simbolico, indicano quali siano i rapporti più sentiti e quali no e quindi anche uno spostamento di postazione, richiesto dal terapeuta, può essere utile ad individuare determinate dinamiche disfunzionali e a cambiarle.
Attualmente, molti terapeuti familiari di nuova generazione non richiedono neanche più l’obbligatoria presenza di tutti i componenti della famiglia ad ogni seduta, ma si continua a richiamare la presenza di ognuno durante gli incontri terapeutici, mentre si continua a “danzare”.
Ovviamente, la terapia familiare non è solo “danza”, ma tante altre cose, come l’esistenza di eventi particolari nella storia della famiglia che vanno ricordati, la composizione storica della famiglia secondo uno schema, che va redatto sotto forma di disegno schematico chiamato genogramma, che riassume tutte le parentele: figli, fratelli, sorelle, antenati e così via, e tanti altri particolari di cui sarà terapeutico parlare e che serviranno a dipanare la matassa dei rapporti familiari conflittuali, in quanto aiuteranno la famiglia a prendere una direzione diversa, cioè verso il benessere psicologico e verso rapporti più sereni tra i componenti.
Dott.ssa Catarinella, qual è il focus della terapia familiare?
Come si evince da tutto ciò che è stato precedentemente detto, il focus della terapia familiare si rivolge alla totalità dei facenti parte la famiglia, ma io ho avuto la fortuna, attraverso i miei studi, di venire a conoscenza anche di un altro tipo di focus, quello dell’Analisi Transazionale, che invece si rivolge al singolo e lo mette al centro della responsabilità dei distorti rapporti con gli altri, in particolare con i propri cari e i propri affetti più importanti.
Qui si apre un altro mondo, fatto di giochi psicologici, di copioni di vita, di ricatti e tanto altro, dove però il protagonista principale è sempre il singolo, che mettendo in atto certi giochi psicologicamente inconsapevoli o sentimenti di ricatto, conoscerà attraverso la terapia analitico transazionale di averne comunque un ritorno, un guadagno, per certi versi confacente alle proprie finalità e per altri versi dannoso, che ha portato quel determinato individuo alla scelta di un copione di vita disastroso o comunque molto complicato, che l’ha fatto affondare nel disagio, finché la terapia transazionale non l’aiuterà ad orientarsi verso la scelta di un nuovo copione di vita e, quindi, anche in questo caso verso il benessere e rapporti affettivi decisamente più sereni.
Su questi due modi per raggiungere uno stato di stabilità psicologica migliore, ci sarebbe ancora tantissimo da dire, ma il fine che volevo raggiungere con questo testo era appunto dare una prima idea di quello che il panorama psicoterapeutico offre e che certamente non si esaurisce nelle sole due scuole di pensiero che ho citato, ma queste due Scuole sono quelle che nella mia personale esperienza si sono dimostrate più valide per ottenere una vita migliore.