Reflusso gastroesofageo: le terapie
Dopo aver compreso che cos’è il reflusso gastroesofageo, ora approfondiamo il problema da un’altra prospettiva indagando sulle terapie disponibili con l’aiuto del Prof. Sergio Morini, Gastroenterologo a Roma.
Cambiamenti nello stile di vita
In gran parte le buone regole di vita giovano a qualunque malattia o almeno ne evitano il peggioramento. Questo è ben noto a molti pazienti che si rivolgono al medico solo per poter limitare di fastidi e continuare con le loro abitudini. Sarà invece opportuno evitare fumo, alcol cioccolata e pasti abbondanti o grassi; non sdraiarsi subito dopo aver mangiato; ridurre il peso corporeo e non tenere la cinta troppo stretta per limitare la pressione intra-addominale.
Dieta per il reflusso
Una dieta sana equilibrata come quella mediterranea in quantità moderata risulta fondamentale nel controllo dei sintomi e a volte la gestione della dieta è in grado di essere, da sola, assai efficace. È fondamentale limitare l’alcol, la quantità di cibo ai pasti e anticipare l’orario della cena. È da sottolineare che bere abbondanti liquidi prima di coricarsi favorisce il reflusso. Viene consigliato di sollevare il materasso all’altezza della schiena ed evitare la posizione supina. Già con queste avvertenze si possono ridurre i disturbi o almeno il dosaggio dei farmaci.
Terapia farmacologica
La terapia del reflusso gastro-esofageo si basa sugli inibitori della pompa protonica (IPP) che riducono la secrezione gastrica di acido. Generalmente in qualche settimana si ottiene un buon controllo dei sintomi particolarmente nei casi con esofagite; bisogna sottolineare tuttavia che il 40-50% dei pazienti con sospetta MRGE ottiene solo un modesto un beneficio. È stato valutato che la loro efficacia è variabile dai casi con esofagite, a quelli con pirosi, rigurgito, dolore toracico o con manifestazioni extra-esofagee.
Gli antiacidi neutralizzano l’acido che già si è liberato nello stomaco e possono essere di aiuto in caso di sintomi occasionali e lievi.
I procinetici migliorano lo svuotamento dello stomaco ma non agiscono sull’esofago. Una nota dell’Organizzazione Mondiale della Salute tuttavia ne raccomanda l’uso per brevi periodi solo nei casi di forte nausea/vomito per il rischio di interferenze col ritmo cardiaco.
Una riduzione dei rilasciamenti transitori del LES può essere trattata con agonisti del GABAB ; nei casi con tosse cronica associata al reflusso, che risentono variamente degli IPP, si può ricorrere a farmaci per il dolore neuropatico periferico.
Terapia endoscopica e chirurgica
Le raccomandazioni della Società Europea di Endoscopia Gastrointestinale sconsigliano l’uso diffuso dei trattamenti endoscopici antireflusso come alternativa agli IPP per la scarsità di dati nel lungo termine riservandoli a pazienti accuratamente selezionati.
L’intervento laparoscopico di fundoplicatio dovrà essere essere proposto e discusso con il paziente nei casi resistenti e che potranno ricevere il miglior beneficio (reflusso persistente prossimale, sintomi extra-esofagei, voluminosa ernia iatale, ecc). È da tenere presente, tuttavia, che dopo qualche tempo una parte dei pazienti dovrà ricorrere nuovamente agli IPP.
Conclusione
Il reflusso gastroesofageo può determinare una sindrome spesso gestibile efficacemente con cambiamenti nello stile di vita, farmaci e, in casi estremi, con interventi endoscopici o chirurgici mirati.
Molteplici fattori, tuttavia, definiscono differenti quadri clinici e funzionali che ci fanno sospettare una MRGE ma solo accertamenti adeguati ed una diagnosi tempestiva e precisa ci possono assicurare di non prescrivere una terapia corretta al paziente sbagliato.
Per ulteriori informazioni e per una valutazione personalizzata rivolgiti al Prof. Sergio Morini attraverso il suo profilo Top Doctors!