Vaginite: un approccio personalizzato
Così come ogni donna è unica e irripetibile, lo sono anche le infezioni vaginali di cui può soffrire. Pur mostrando caratteristiche comuni con quelle di altre donne, le vaginiti necessitano frequentemente di un approccio dedicato e personalizzato.
In questo articolo approfondiamo l’argomento con il Dott. Lorenzo Agoni, specialista in Ginecologia
Le vaginiti sono tutte uguali?
Assolutamente no. Nonostante le vaginiti si possano categorizzate in alcune tipologie caratteristiche (vaginiti aerobie, vaginosi batteriche, vaginiti da agenti specifici come candida, trichomonas etc.), queste varie tipologie possono sovrapporsi in quadri misti. Inoltre, l’andamento dell’affezione può essere variabile, così come la risposta alle terapie. Talvolta i sintomi possono persistere nonostante la terapia, o ripresentarsi dopo poco tempo.
Perché a volte la terapia non funziona per curare la vaginite?
Il caso più frequente di terapia apparentemente inefficace contro la vaginite avviene quando vengono utilizzati antimicotici per affezioni miste, sia fungine che batteriche. In questo caso l’antimicotico potrà agire efficacemente sull’infezione fungina, ma risulterà inefficace sulla quota batterica.
In altre occasioni, a causa della persistenza di alcuni sintomi, si è portati a pensare ad una non risoluzione dell’infezione. In questi casi, spesso, i sintomi dipendono non tanto dalla persistenza dell’infezione ma da un’irritazione residua, magari accompagnata da perdite vaginali da sfaldamento cellulare, non necessariamente patologiche.
Più raramente, soprattutto in caso di terapie antibiotiche ripetute, si tratta di una vera e propria resistenza dell’agente infettivo al farmaco utilizzato.
Perché la vaginite continua a ripresentarsi nel tempo?
In una certa percentuale dei casi, i sintomi, dopo essersi risolti con la terapia, si ripresentano a distanza di breve tempo, talvolta anche nonostante terapie ripetute. In caso di almeno tre episodi l’anno si rientra nella definizione di vaginite ricorrente.
In questi casi è importante verificare innanzitutto se si tratta sempre dello stesso agente infettivo o se ogni episodio è dovuto a cause distinte e lo si può quindi considerare come evento a sé stante.
Soprattutto in quest’ultimo caso, la causa generalmente risiede nella difficoltà a mantenere in equilibrio le difese naturali a livello vaginale, che sono costituite da speciali batteri chiamati lattobacilli. Una flora batterica vaginale in salute (il cosiddetto microbiota vaginale) è composta quasi esclusivamente da lattobacilli. Il compito dei lattobacilli è di mantenere il pH vaginale a livelli bassi (pH = 4.0-5.0), grazie alla produzione di acido lattico, e contrastare così la presenza di microrganismi patogeni.
Disbiosi vaginale: cos’è e come si tratta?
L’alterazione del microbiota vaginale si definisce disbiosi vaginale. Questa condizione è caratterizzata dalla dominanza a livello vaginale di specie batteriche non lattobacillari. I lattobacilli possono essere presenti in misura minore o essere completamente assenti. La conseguente proliferazione batterica o fungina può causare sintomi quali:
- prurito;
- bruciore:
- fastidio;
- perdite vaginali, talvolta maleodoranti.
Le terapie che si basano esclusivamente sull’utilizzo di antibiotici e antimicotici possono temporaneamente tenere sotto controllo la proliferazione batterica o fungina ma non risolvono la carenza di lattobacilli. Terapie basate sul concomitante ripristino del corretto equilibrio del microbiota vaginale risultano essere più efficaci della sola terapia antibiotica o antimicotica.
Tuttavia, molti fattori possono influire sull’andamento del microbiota vaginale e sull’efficacia delle terapie, come:
- età;
- fluttuazioni ormonali mensili o menopausa;
- durata e frequenza delle mestruazioni;
- abitudini igieniche;
- stile di vita;
- alimentazione.
Pertanto, l’approccio dovrà essere il più possibile personalizzato al singolo caso, tenendo conto dell’unicità della persona nel suo insieme.